Una esplosione inspiegabile

a cura di Paolo Paganucci

Nell’archivio del Monastero di S. Rosa da Viterbo, oltre a documenti di chiara e riconosciuta importanza  storica, ci sono anche degli scritti, memorie e appunti, redatti  nel corso dei secoli dalle monache in occasione di eventi e fatti degni di nota o che hanno turbato e sconvolto il sereno scorrere del loro tempo.

In questo articolo si vuole far conoscere una relazione della metà del XVIII secolo, costituita da poco più di due pagine e senza firma, che dopo un’ampia descrizione di alcuni locali del piano primo, adiacenti alla chiesa e posti sopra un porticato con colonne in peperino, in cui tra l’altro si trovava l’archivio, entra nel vivo del fatto narrando: “Contigua a detto archivio era un’altra stanza non addetta ad alcun uso ed in essa serbavasi libre 85 di polvere, entro due conche di rame, destinata a fare lo sparo de mortaretti in occasione delle feste solenni“.

Con questi presupposti e rammentando che 85 libre di polvere da sparo corrispondono a circa 29 kg , veniamo all’incidente.

Nel dì 6 del corrente marzo 1751, giorno dedicato alla preziosa morte della santa ed appunto compiono il quinto secolo del di lei felice passaggio alla gloria, circa le hore 21, stando quasi tutte le religiose nella chiesa interiore, per andare secondo il costume  al bacio dei piedi d’essa  Santa, e mentre gran parte di esse, avendo terminato la pia funzione passavano o al parlatorio o alla cantoria suddetta a grate superiori della Chiesa, si sentì all’improvviso un orribile strepito, che in quel subito fu creduto  terremoto, ma ben presto apparvero le fiamme che sboccarono  da una delle grate superiori della Chiesa, e dalla grata del suddetto parlatorio.

Immediatamente con grande fracasso rovinarono i muri e si riconobbe, che accesasi, non si sa come la polvere suddetta  era rovinato il pavimento di quella stanza, le pareti  a destra  ove stava l’Archivio, ed a sinistra, i soffitti superiori di detta  stanza insieme col tetto e la metà del pavimento  del dormitorio,  per cui passavasi  alle medesime grate superiori della Chiesa;  restò in più parti conquassato il muro sostenuto e piantato sopra esse  colonne peperine che formano il portico, ed  altresì  l’altro muro, che divideva le stanze del dormitorio; balzato uno stipite di peperino della finestra dell’Archivio,  slogati gli atri stipiti delle finestre di esse pareti, ed in fine fracassati tutti i vetri delle sei lunette del portico, e delle altre finestre tutte corrispondenti al detto claustro, e nel Parlatorio medesimo, benché in molta distanza fossero.

In detta rovina restò  ancor sepolto e conquassato il credenzone ove conservasi le scritture tutte e libri dell’archivio sopradetto le quali però intatte ed illese sono state interamente ritrovate e dissotterrate.

Fù inesplicabile lo spavento cagionato nelle religiose in si funesto  successo,  mentre tre di esse allora eran per uscire dalla Chiesa interiore per passare al suddetto portico ed sentivansi  inspirare a retrocedere ed in tal dubietà o di aspettare o di andare avanti sospese, vidersi avanti gli occhi cadere il pavimento.

Tre altre religiose e due educande stavano alle grate del parlatorio e si videro all’intorno circondare dalle fiamme, che quindi sboccarono all’aria aperta. Un’altra educanda volendo entrare nella cantoria della Chiesa appena vi pose dentro il piede, che sentì violentemente sospingersi  la porta alle spalle  e voltatasi vide le fiamme e la ruina delle pareti, presso le quali allora era passata.

Niuna però di esse per grazia del Signore, restò offesa in minima.

Non può immaginarsi  la ragione di tal incendio, poiché sol tanto il 4 marzo era stata aperta la suddetta stanza per consegnare la polvere al bombardiero per gli spari soliti a farsi  in occasione della festa della Santa, ma poi subito serrata,  venia  la chiave ritenuta dalla M. Abbadessa, senza che alcuno più potesse penetrarvi.

Inoltre le stanze medesime rovinate erano lontane da tutte le officine e luoghi ove si custodisce il fuoco: la porta e finestra di detta stanza, ov’era la polvere eran ben chiuse.

In somma capirsi non può in qual  modo essa polvere si accendesse.