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CTE 2022

Un applicativo comune come Microsoft Word non soddisfa le esigenze specifiche di filologi, paleografi, diplomatisti, che sovente incontrano problemi nel gestire i propri lavori o sono sottoposti a snervanti e meticolose correzioni di bozze. Diversamente, Classical Text Editor (CTE) può gestire diversi livelli di apparati e note critiche, gli indici e testi in scritture sinistrorse (come ebraico e arabo).

OBIETTIVO

Le lezioni mirano ad approfondire la conoscenza del programma CTE. La parte teorica si accompagnerà immediatamente con la pratica per permettere di prendere confidenza con l’applicativo. Verranno fatte esercitazioni mirate, da svolgere in classe e autonomamente. Finalità del corso è quella di costruire il modello di lavoro secondo le proprie esigenze testuali e critiche.

Visto il carattere fortemente individualizzato la partecipazione è a numero chiuso: massimo 15 persone. Le lezioni si svolgeranno online sull’applicativo Zoom.

Verrà approntata una classe virtuale dedicata per la condivisione dei materiali didattici e la messa a disposizione delle lezioni registrate sulla piattaforma e-SPeS con un forum per facilitare l’interazione con il docente.

PROGRAMMA

Orario: 16.30-19.30

MODULO BASE

Lunedì 30 maggioInstallazione (Win e Mac) – release – licenze – ambiente di prova – finestre di lavoro – visualizzazione di stampa – importazione file di testo – templates – salvataggio e formati

Venerdì 3 giugnoLayout pagina semplice, a colonne – margini e paragrafo – sezioni e capitoli – intestazione e piè di pagina 

Giovedì 9 giugno: Apparati e note (setting) – macro – sillabazione 

Lunedì 13 giugno: File associati – sincronizzazione – inizio costruzione di un template personalizzato

MODULO AVANZATO

Lunedì 20 giugno: Funzioni di layout pagina – setting apparati e note – file associati e sincronizzazione

Giovedì 23 giugno: Creazione indici – lavorare con grafici e immagini – bibliografia

Lunedì 27 giugno: Sigle dei manoscritti – finestra di collazione (new)

Giovedì 30 giugnoCostruzione di un modello personalizzato avanzato in base al proprio testo da editare

MODALITÀ DI ISCRIZIONE

Le iscrizioni dovranno pervenire attraverso questo modulo entro il 22 maggio 2022.

Prima dell’inizio delle lezioni gli iscritti saranno inseriti in una classe virtuale dedicata sulla piattaforma e-SPeS, in cui avranno a disposizione i materiali didattici, le registrazioni e le esercitazioni.

Contributo

Il contributo per il corso è di 150 € per un solo modulo, di 200 € per chi frequenta entrambi. Prima dell’inizio delle lezioni gli iscritti saranno contattati con le istruzioni necessarie per il versamento del contributo e il perfezionamento dell’iscrizione.

È previsto un attestato di partecipazione.

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In ricordo di Chiara Frugoni

Il 10 aprile 2022 è venuta a mancare Chiara Frugoni, una studiosa appassionata ma soprattutto un’amica generosa e sempre disponibile. Anche con il Centro Studi Santa Rosa da Viterbo diverse sono state le collaborazioni. Per questo vogliamo ricondividere la presentazione online di uno dei suoi ultimi lavori, tenutasi il 21 maggio 2021: San Francesco in figura. La Legenda maior di Bonaventura nel manoscritto Antonianum 1. La vogliamo ricordare così con il suo consueto sorriso.

Per sentire Chiara Frugoni, si vada ad esempio al min. 0, 59′ 21” oppure al min. 1, 11′ 45”. 

Riprende il progetto Rose che sprigionano

Dopo il corso di formazione per volontari operanti negli istituti di pena, tenutosi in doppia modalità (in presenza e online) nei mesi di dicembre e gennaio, il 1° aprile riprende per la seconda volta con le persone detenute nella casa circondariale di Viterbo il progetto Rose che sprigionano, finanziato lo scorso anno dalla Regione Lazio (DGR 829/2020).

Il progetto intende promuovere attività tese a insegnare alle persone detenute lavorazioni artigianali tessili che possano garantire un accesso al mondo del lavoro, partendo dalle conoscenze e dalle pratiche che si svolgevano all’interno delle mura della clausura monastica. Proprio qui, infatti, si realizzavano fiori di stoffa e reliquiari con tecniche che utilizzavano materiali di tipo diverso (carta, stoffa, legno, ecc.), di cui rimangono nel monastero di Santa Rosa di Viterbo numerose attestazioni tra manufatti e materie prime che consentono di comprendere le metodologie di produzione adottate.

L’attenzione del laboratorio che si propone è focalizzata alla realizzazione di rose di stoffa. Esse potranno essere prodotte all’interno del carcere, utilizzando le tecniche antiche, per poi essere inserite nel circuito della produzione di oggetti devozionali legati al culto di santa Rosa, della finitura di abiti di sartoria e di complementi d’arredo. La rosa evoca la Santa viterbese, ma è anche simbolo di bellezza, cioè del motore che attiva quei processi che stimolano le qualità dell’essere umano che si gratifica attraverso il lavoro.

Il laboratorio ha come scopo quello di arricchire la formazione personale del detenuto attraverso percorsi esperienziali con valenza socioculturale; ma anche quello di favorire la libera espressione del detenuto, coinvolgendolo in un’attività di studio e ricerca.

Video tutorial per la realizzazione delle rose

Letture … frizzanti nel chiostro

Giornata nazionale per la promozione della lettura, 24 marzo 2022

I Convegni di studio sono capaci anche di questo. Portare alla luce una storia – o un frammento di storia – che prima non si conosceva, facendo emergere, dopo attente e non sempre agevoli ricerche, fatti del tutto inediti (o poco indagati) e persone dimenticate o almeno non molto note.

Questo è quanto è avvenuto a Viterbo lo scorso novembre, durante il Convegno Microstoria e storia della vita quotidiana dalla documentazione dei monasteri di clausura femminili (XV-XIX secc.): nello specifico, pratiche e strategie di lettura delle clarisse di S. Rosa sono state presentate svelando esempi concreti di vicende testimoniate tra i libri antichi a stampa usati dalla comunità religiosa lungo i secoli.

E non deve sorprendere se episodi anche insoliti hanno fatto capolino tra le pagine vissute, rendendo più curiose ed ‘effervescenti’ le letture del tempo, ma anche offrendo interessanti spunti per chi oggi si ritrova a sfogliare questi volumi.

È il caso di un’opera edita a Padova nel 1709, ovvero Delle lettere spirituali di san Francesco di Sales: l’edizione non sembra in Italia molto diffusa, tuttavia l’esemplare conservato a Viterbo riserva inaspettate sorprese.

In una delle pagine iniziali (per essere precisi: sulla carta di guardia anteriore) una monaca del Settecento ha voluto lasciare un segno del suo passaggio e a mano riporta, non senza qualche inesattezza grammaticale, questa annotazione:

Io Marianna

Capalti mano

propia e nissuno

se la propi, che que-

sto sì ch’è mio, mio,

nissuno me lo tocchi.

Un battibecco, che rende il tutto più gustoso, è però dietro l’angolo: poco tempo dopo Livia, una nipote di Marianna (al secolo: la zia Teresa), anche lei clarissa nel monastero di S. Rosa, utilizza la parte finale del medesimo libro (la carta di guardia posteriore) per precisare:

Io Livia Capalti

ò pregato istantemente

la zia Teresa

a non scrivere quel-

la falsità da capo

a questo libro, ma non

mi a voluto dare udien-

za, assolutamente l’à vo-

luto scrivere, sicché

abbino pazienza.

Insomma, piccole storie familiari, di monache ma soprattutto di lettrici, che hanno voluto quasi passarsi il testimone nell’uso e nella tutela – estremamente scrupolosa – di un volume a stampa, custode di contenuti spirituali da assaporare nello studio (nonché nella lettura personale) e da far propri.

Per concludere: ancora più caratteristiche appaiono le tre righe che un’altra mano ha fatto seguire alla dichiarazione di Livia: «E la sig.ra Lugrezia pare viterbese, per quanto pianta carote, capite?». Significati e allusioni sono con ogni evidenza da cercare altrove, ad esempio tra i documenti dell’archivio del monastero di S. Rosa… o forse più in là, oltre le grate della clausura.

FRANCESCO NOCCO

Laboratorio di paleografia pratica e storia 2022

Nell’ambito della Convenzione quadro stipulata nel 2020, l’Università degli Studi della Tuscia e il Centro Studi Santa Rosa da Viterbo attivano anche quest’anno il Laboratorio di Paleografia pratica e storia, rivolto agli studenti universitari interessati a imparare a leggere testi e documenti originali in latino e in volgare del Medioevo e della prima età moderna.

Le lezioni del Laboratorio hanno uno scopo pratico e si configurano essenzialmente come esercitazioni di lettura.

Gli incontri sono organizzati in 12 lezioni in modalità di didattica a distanza con inizio il prossimo 10 marzo e si svolgeranno il giovedì dalle 17 alle 19,30, con due visite finali all’Archivio del Monastero di Santa Rosa di Viterbo il 26 maggio e il 1° giugno.

Calendario delle lezioni 2022 

10 marzo: Un testo in volgare seicentesco dall’Archivio del Monastero di Santa Rosa di Viterbo (la Memoria segreta, ca. 1650).

17 marzo: Due testi in volgare dall’Archivio del Monastero di Santa Rosa di Viterbo: un inventario di beni (anno 1344) e un registro di conti (fine del XV-inizio del XVI secolo).

24 marzo: Le abbreviazioni nel mondo romano e nel Medioevo.

31 marzo: Un “instrumentum” notarile dall’Archivio del Monastero di Santa Rosa di Viterbo (1236).

7 aprile: Un documento notarile veronese dall’Archivio Apostolico Vaticano (1168).

21 aprile: Due lettere pontificie dall’Archivio del Monastero di Santa Rosa di Viterbo (1255 e 1256).

28 aprile: Il più antico testimone con il “corpus” degli scritti di san Francesco, proveniente dalla Biblioteca del Sacro Convento di Assisi (ca. metà del XIII secolo).

5 maggio: Un testamento dall’Archivio del Monastero di Santa Rosa di Viterbo (1379).

12 maggio: Due testimonianze dalla Biblioteca Comunale degli Ardenti di Viterbo: lo statuto di Castro (XIV secolo) e il processo “per inquisitionem” contro Margarita da Grosseto (1428).

19 maggio: La scoperta a Casalbordino di un frammento di un codice dei “Danti del Cento” (secondo quarto del XIV secolo).

26 maggio, ore 15,30 (da confermare): In visita al Monastero di Santa Rosa di Viterbo e al suo Archivio (prima parte). 

1° giugno, ore 14,30 (da confermare): In visita al Monastero di Santa Rosa di Viterbo e al suo Archivio (seconda parte).

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Armida Barelli tra santa Rosa e monsignor Fiorino Tagliaferri

Il 3 marzo 2022 alle ore 18.00 presso il Santuario di S. Rosa a Viterbo si terrà l’incontro organizzato dal Centro Studi Santa Rosa da Viterbo onlus dal titolo “Armida Barelli tra santa Rosa e monsignor Fiorino Tagliaferri”. Interviene Marcella Serafini, modera p. Pietro Messa. L’appuntamento – in presenza e in streaming sul canale Youtube del CSSRV – apre il triduo di preparazione alla festa liturgica di santa Rosa, che la tradizione vuole scomparsa il 6 marzo: è questo il dies natalis, ovvero il giorno in cui Rosa è nata al cielo.

Quest’anno si è voluto legare la riflessione sull’eredità di santa Rosa alla figura della venerabile Armida Barelli, che il 22 aprile sarà beatificata. “Laica cattolica militante durante tutta la prima metà del XX secolo, la Barelli si è sempre contraddistinta per l’affermazione dei diritti delle donne e per lo sviluppo di politiche per il lavoro e la formazione. Tra i principali risultati da lei ottenuti spiccano sicuramente la fondazione dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e dell’Istituto secolare delle Missionarie della Regalità di Cristo, ma soprattutto della Gioventù Femminile Cattolica Italiana (G.F.C.I.)” (cfr. Armida Barelli e santa Rosa da Viterbo, a cura di Angelo Sapio).

Nelle sue memorie racconta che fu nel settembre del 1918, quando si recò dal Santo Padre Benedetto XV, che scelse la Santa viterbese come patrona della futura Gioventù Femminile Cattolica Italiana. La presenza di Armida Barelli è infatti attestata più volte presso il monastero di S. Rosa; qui ancora si preserva la stanza in cui fu ospite, come si conserva un ex voto lasciato in uno dei suoi pellegrinaggi fatti proprio con la Gioventù Femminile Cattolica Italiana. 

Così si esprime una testimone privilegiata di Armida, Madre Cristiana Piccardo, famosa priora delle trappiste di Vitorchiano che ora vive in Venezuela, dove è andata a fondare un monastero:

“Nell’incontro con Armida Barelli non c’era solo la riscoperta di un ideale, ma la scoperta di una umanità diversa, di un’amicizia piena di libertà e di calore, di un impegno di verità vissuto insieme, soprattutto l’incontro della Chiesa la casa comune e di quella presenza che la colmava di infinito e di eterno: Gesù Cristo”.

Araldica

L’araldica come disciplina storica

Descrizione

Il corso intende approcciare l’araldica come disciplina utilizzata nella ricerca storica e mostrare in modo pratico come descrivere uno stemma.

Docente

Paola Monacchia

Programma

online ore 17-19

8 marzo 2022 (martedì): la costruzione dello stemma: nozioni basilari per poter leggere i simboli e le partizioni: colori, croci, animali, corone ecc., per saperne i significati attraverso i dizionari araldici e comunque la bibliografia specializzata.

15 marzo 2022 (martedì): l’araldica nella ricerca d’archivio, esempi di fonti amministrative e fiscali con stemmi e simboli che possono consentire l’individuazione di ceppi familiari, di aristocrazie di spada ma anche di toga, unioni familiari, appartenenza a un cavalierato, ma anche stemmi e simboli di enti religiosi, di corporazioni, di enti assistenziali ecc.

23 marzo 2022 (mercoledì): l’araldica oggi: la normativa vigente, attraverso la quale l’Ufficio Araldica presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri cura l’attività in materia di riconoscimento delle onorificenze cavalleresche pontificie e l’istruttoria relativa all’araldica pubblica.

30 marzo 2022 (mercoledì): un caso di studio: una ricerca d’archivio intrapresa allo scopo di supportare la richiesta da parte di un Comune per ottenere la revisione del proprio stemma.

[data da stabilire con gli studenti]: visita al Centro Diocesano di Documentazione di Viterbo per vedere gli stemmi studiati e oggetto delle esercitazioni.

Iscrizioni

Le iscrizioni dovranno pervenire rigorosamente entro il 1° marzo 2022 attraverso questo modulo (è necessaria una Gmail per la compilazione).

  • Il contributo ordinario è di 50 €; 
  • per le università convenzionate 25 €;
  • nel caso di erogazione di crediti formativi a studenti delle università associate la partecipazione è gratuita;
  • per chi si è già iscritto a due corsi o laboratori SPeS a partire da settembre 2021, sconto del 50%.

I contributi potranno essere versati attraverso bonifico bancario al seguente IBAN: IT18I0100514500000000001267 intestato al CSSRV o su paypal.me/cssrv cliccando sul bottone “Invia”, precisando sempre la causale: “Contributo Araldica – Nome cognome”.

All’atto dell’iscrizione sarà necessario allegare la ricevuta del versamento e l’eventuale autocertificazione richiesta. Qualche giorno prima dell’inizio delle lezioni gli iscritti saranno inseriti sulla piattaforma e-SPeS, dove troveranno il link per collegarsi via Zoom, il materiale didattico e le registrazioni.

Il corso può essere seguito sia in diretta (modalità sincrona), sia attraverso le registrazioni (modalità asincrona).

Al termine del corso verrà rilasciato a tutti/e un attestato di partecipazione.

Brochure

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Presentazione volume di Paolo Cammarosano

 DOPO L’ANNO DANTESCO.

A proposito del libro di Paolo Cammarosano, Giudizio umano e giustizia divina

 

Riferiscono Sara Menzinger e Antonio Montefusco

apre la discussione Giuliano Milani

chiude l’Autore

 

27 gennaio 2022  ore 17 online

per prenotarsi su Zoom compila entro il 26 gennaio il seguente modulo:

https://bit.ly/cammarosano

Strenna di Natale: il presepio da Greccio a S. Rosa

Tempo di Avvento, tempo di attesa… Intanto però la Natività si prepara a fare il suo ingresso nelle case. Quello del Presepio rappresenta l’elemento senza tempo per eccellenza al centro della devozione popolare cristiana, molto più del laico albero di importazione nordica, sebbene tragga origine da tradizioni tardo antiche e medievali. Ne rintracciamo le primitive testimonianze già all’interno dei reperti sepolcrali romani, come nel caso delle pitture rinvenute a Roma nelle Catacombe di Priscilla lungo la Via Salaria (III° sec.), o i bassorilievi del Sarcofago di Adelfia estratto dalle Catacombe siracusane di San Giovanni (IV sec.).

Per giungere a quell’usanza, tipicamente italiana nei primordi, poi estesa a tutto il mondo cristiano, di raffigurare la scena della Natività bisogna però attendere l’intuizione del Santo di Assisi, quando questi, di ritorno dal suo viaggio in Terra Santa, dove era rimasto particolarmente colpito alla visita di Betlemme, pensò di rievocare la nascita di Gesù in un piccolo borgo dell’Appennino umbro a lui caro che trovava tanto simile alla città palestinese. Ottenuta preventivamente un’autorizzazione da papa Onorio III e successivamente il nulla osta del castellano di Greccio, Francesco diede forma per la prima volta in quel luogo alla riproduzione della sacra scena. In quella primissima rievocazione nella notte di Natale del 1223 c’erano solo la grotta, il bue e l’asino; nessuno prese i ruoli di Gesù, Maria e Giuseppe per non darne un eccessivo spettacolo. I popolani accorsi ad assistervi divennero invece inconsapevolmente parte di un quadro più grande, oggetto in futuro per innumerevoli riferimenti.

Tommaso da Celano, biografo del Santo, descrive così la scena nella prima Vita:

 Si dispone la greppia, si porta il fieno, sono menati il bue e l’asino. Si onora la semplicità, si loda l’umiltà e Greccio si trasforma quasi in una nuova Betlemme”.

Su impulso di quanto san Francesco aveva fatto a Greccio, ben presto l’iconografia sacra avrebbe riservato un grande interesse a questo soggetto evangelico, attraverso una produzione iconografica destinata a divenire nel tempo sempre più cospicua e fortunata. Dai primi affreschi realizzati da Giotto ad Assisi per la Basilica Superiore o a Padova per la Cappella degli Scrovegni, al primo esempio di gruppo scultoreo eseguito da Arnolfo di Cambio nel 1283 ed oggi conservato nella cripta della Basilica di S. Maria Maggiore a Roma, il Presepio via via passò dall’ambito prettamente artistico a quello popolare, soprattutto a seguito del Concilio di Trento, per poi consacrarsi definitivamente a partire dal sec. XVIII° con la nascita delle grandi tradizioni presepistiche regionali in pieno periodo Barocco.

A Roma, in particolar modo, “esplodeva” l’arte dei “Pupazzari” che si specializzò proprio nella produzione di statuine in terracotta per la costruzione dei presepi tridimensionali. A Napoli invece la tradizione presepistica ha trovato una dimensione del tutto particolare, divenendo parte non secondaria del patrimonio storico, artistico e culturale della città, tanto da far affermare al locale collezionista Michele Cuciniello che «il presepio è Vangelo tradotto in dialetto partenopeo».

La ricchezza simbolica ed allegorica del presepio napoletano generò infatti un decalogo di “regole” da seguire più o meno pedissequamente per la realizzazione di un’opera in cui la Natività doveva trovare spazio all’interno di un contesto molto più ampio, riuscendo a catturare l’attenzione dell’osservatore pur non posizionandosi necessariamente al centro della scena. Immancabile quindi trovare elementi come lo scoglio di sughero che si presta a collina, ma anche a sistema di grotte e ricoveri per personaggi di contorno come artigiani e pastori; le vestigia di un anonimo tempio romano dove il più delle volte trova rifugio la Sacra Famiglia, l’elemento dell’acqua imbrigliato sotto forma di rivo, specchio, fontanili o pozzi, oppure gli stessi Magi che giungono in visita a Gesù, i quali, più che come antichi sacerdoti zoroastriani dalla remota Persia, sono riproposti in sfarzosi abiti orientali che risentono molto del gusto turco-ottomano settecentesco. Questi ultimi personaggi hanno rivestito un ruolo fondamentale anche nella durata del presepio. In molti casi infatti esso rimaneva esposto fino al 2 febbraio, la Candelora, giorno in cui secondo la tradizione i Magi ripartirono da Betlemme.

La ricchezza di particolari, la minuziosità nel replicare scene di vita contadina o popolare contemporanea, affiancate anche da un supporto tecnologico sempre più sofisticato, ma soprattutto le dimensioni considerevoli di queste opere di ingegno portarono infine alla costruzione anche di presepi permanenti all’interno di palazzi nobiliari o vescovili, in chiese e monasteri.

Uno di questi è possibile ammirarlo presso il Monastero di S. Rosa a Viterbo, precisamente all’interno della Casa della Santa. Tutto ebbe inizio quando un sacerdote del viterbese, Mons. Aroldo Gasbarri, già arciprete di Oriolo Romano negli anni ’30 del secolo scorso, poi divenuto Economo del Pontificio Collegio Urbano di Propaganda Fide, ricevette in dono un folto gruppo di statuine in legno d’acero intagliate a mano e dipinte con colorazioni ad olio dai maestri artigiani della Val Gardena. Si trattava dei personaggi tipici del presepio sud-tirolese, alcuni dei quali anche con repliche in pose diverse, utili a rappresentare più di una scena. Il sacerdote le conservò gelosamente per tutta la vita, ma promise che un giorno queste sarebbero andate al monastero della patrona di Viterbo a cui pare fosse molto devoto…e così avvenne.

Le statuine giunsero a Viterbo nei primi anni ’70 e vennero temporaneamente impiegate per allestire un presepio nel Santuario. Per motivi logistici si scelse poi di spostarle presso la Casa di s. Rosa in attesa di trovare loro una sistemazione più consona. L’occasione si presentò proprio quando nel 1980 le monache Clarisse iniziarono delle opere di ristrutturazione della Casa al fine di consentire una maggiore fruizione da parte dei pellegrini. In quell’occasione si scelse di mettere mano anche al piano superiore dove, da secoli, resistevano ancora in condizioni molto precarie un antico fienile e una nicchia incavata nel muro che, secondo la tradizione, corrispondeva alla cella in cui si ritirava la Santa.

L’intenzione delle monache era quella di ricavare uno spazio ad hoc per la costruzione di un grande presepio permanente dove poter ricreare l’ambiente in cui si svolse la vita di Gesù ed utilizzare le pregiate statue lignee per trasporvi i racconti evangelici. Grazie allo sforzo di alcuni volontari del Monastero, sotto la meticolosa regia di Suor M. Celeste Ciancialla, in poco tempo venne completato un presepio poliscenico di circa 15 mq suddiviso in sette “quadri” che vanno dall’Annunciazione a Maria fino ad arrivare persino alla Resurrezione di Gesù, passando ovviamente per la scena della Natività, riproposta in due quadri distinti per permettere l’aggiunta dei Magi scortati da maestosi elefanti, dromedari e camelli ed infine l’ambientazione della fuga in Egitto (idealizzata nella forma della “cornice” e soprattutto nella presenza in primo piano di una grandiosa sfinge).

Per realizzare le scenografie dello sfondo venne presa ispirazione da alcune delle trecento fotografie dei paesaggi palestinesi eseguite in esclusiva per una rara pubblicazione che si conservava in Monastero, “Il Vangelo e gli Atti degli Apostoli” (Traduzione e note di P. Angelico Poppi o.f.m. conv., Edizioni Messaggero, Padova, 1961). Oltre che per la completezza della narrazione, questo presepio si distingue pertanto per la grande attenzione riservata ai particolari. Ogni personaggio, casa o albero è disposto in maniera tale da rispettare le dovute proporzioni nelle distanze prospettiche. Il cielo e le montagne sullo sfondo presentano inoltre un meccanismo aurora-tramonto in rigenerazione automatica, così come avviene per il passaggio della stella cometa; il tutto proiettato sul telo bianco che fa da quinta. Completa l’insieme un sottofondo sonoro fatto di rumori di acqua in movimento e un leggero accompagnamento musicale

Nel tempo, va detto anche che il presepio permanente della Casa di s. Rosa ha subito diverse opere di ristrutturazione, soprattutto dopo nuovi lavori di sistemazione che hanno interessato il tetto del locale, che ne hanno impedito la fruizione per alcuni anni. Molti sono stati i volontari che si sono susseguiti nel corso del tempo per fornire anche solo piccoli contributi, tutti utili alla manutenzione del presepio artistico di S. Rosa. Tutt’oggi esso necessita infatti di continue accortezze per far sì che possa essere sempre conservato e trasmesso a chi sceglierà di venire a visitarlo.

Leggere e capire il latino medievale 2022

L’insegnamento intende fornire ai partecipanti una formazione di base sulla lingua latina del Medioevo e offrire una panoramica generale dei mutamenti lessicali e sintattici avvenuti attraverso i secoli secondo le aree geografiche e il livello culturale degli scrittori (VI-XIV secc.).

Durante il corso si leggeranno e tradurranno testi di diversi generi letterari (storiografia, letteratura religiosa, novellistica ecc.) per evidenziare le peculiarità linguistiche della latinità medievale nelle sue differenziazioni dal mondo classico.

Destinatari

Tutti coloro che vogliono approfondire la lingua latina dell’epoca medievale, che abbiano una conoscenza base (scolastica) del latino.

Metodo

Non si approfondisce sistematicamente la grammatica o sintassi, ma si leggeranno insieme varie tipologie di testi e si imparerà a comprenderne il significato.

Iscrizione

Le iscrizioni dovranno pervenire rigorosamente entro il 12 gennaio 2022 attraverso questo modulo (è necessaria una Gmail per la compilazione).

Il contributo per la partecipazione è di 50 €, fatte salve eventuali convenzioni per erogazione di crediti formativi a studenti delle università associate; potranno essere versati attraverso bonifico bancario al seguente IBAN: IT18I0100514500000000001267intestato al CSSRV o su paypal.me/cssrv cliccando sul bottone “Invia”, precisando sempre la causale: “Latino medievale – Nome cognome”.

All’atto dell’iscrizione sarà necessario allegare laricevuta del versamento. Qualche giorno prima dell’inizio delle lezioni gli iscritti saranno inseriti sulla piattaforma e-SPeS, dove troveranno il link percollegarsi via Zoom. Sulla piattaforma, oltre ai materiali didattici, saranno disponibili anche le lezioni registrate. 

Brochure

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